Il senso di inadeguatezza che ti coglie in piena notte è come un cappio che ti stringe il collo e ti impedisce di respirare.
Continuo a ripetermi che c’è qualcosa di estremamente sbagliato in me – deve esserci, me l’hanno ripetuto così tante volte.
Mi sto lasciando scivolare verso il fondo.
C’è chi dice che solo una volta toccato il fondo si riesca a risalire davvero, ed è ciò a cui punto stavolta.
Non mi opporrò.
Finora mi sono aggrappata a questa normalità fino a scorticarmi le unghie ed a scheggiarmi.
E tutto per una normalità che in verità ha più il sapore dell’abitudine, di una quotidianità vuota ed insignificante.
Solo chi cade davvero poi ha la forza di rialzarsi.
È ciò a cui miro da anni, ma mi sono sempre fermata prima, mi sono ritrovata sempre in ginocchio.
Stavolta non ho intenzione di farlo, anche se significa perdermi nella nebbia: in fondo sto già perdendo brandelli di me ad ogni passo.
Premesso che leggere quelle “d” che seguono una vocale diversa da quella alla quale è accompagnata è un pugno in un occhio, anche solo per la scorrevolezza della lettura, non c’è da dire molto.
Raggiunto il fondo, non si smette di cadere.
Si scava.
Per risalire in superficie dalla parte opposta a testa alta.
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Sì ma io il cinese non lo parlo né lo capisco: come comunico? A gesti? :p
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