Un elefante si dondolava sopra il filo di una ragnatela…
Gli equilibri sono stanche membra tese nell’attesa snervante di ciò che non esiste ed ingoiavamo pillole di plexiglas per evitare le file in centro.
Nei supermercati la varia umanità si mescolava ai colori delle anime in offerta speciale, magro spettacolo di chi ha ben poco da mostrare.
… e ritenendo la cosa interessante andò a chiamare un altro elefante…
Dannati fili che non si spezzano loro, lunghi quanto la distanza tra la Terra e Platone e sottili come i gas di scarico degli impianti termoelettrici.
Seguiremo il feretro della nostra idiozia e delle nostre speranze, giù. fino all’alba di un giorno mai sorto ai confini della tua testa. Sguardi senza senso che si affollano intorno chiassosi e dove hai lasciato il sangue a fermentare che non ce n’è abbastanza. Coprire i segni diventa impellente e fastidioso perché tutto ti uccide e non chiede scusa.
E gli equilibri inutili che ci legano le caviglie per farci inciampare sulle prove dei nostri dissapori. Smettere di cercare di migliorare, prendere un taxi per cogliere gli ultimi attimi di vita di una stella di cartapesta.
Le macchine fotografiche dei sentimenti erano parcheggiate in seconda fila e tu ancora mi chiedevi perché stavo così male.
e pensare che a me la filastrocca dell’elefante ha sempre messo allegria 🙂
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