Non quia difficilia sunt non audemus, sed quia non audemus difficilia sunt.

…Che sarebbe a dire, per chi non parla il latinorum come seconda lingua, “Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, ma è perché non osiamo che sono difficili”. 

Giorno 2.

ho1ao

L’immagine era troppo bella per non inserirla, scusate.

Comunque, Seneca forse aveva ragione. Cioè, un po’ di sicuro, anche se qualcuno lo ha preso troppo sul serio. Nerone, tipo. Ma questo è un altro discorso.

Dicevo.
Ho smesso di osare anni fa, se mai ho iniziato. O meglio, prima almeno mi mettevo in gioco – il minimo, come sempre mi ha contraddistinto, ma lo facevo. Anche in maniera incosciente, che a ripensarci adesso sono tentata dal prendermi a schiaffi, però mi è sempre andata bene.

Quando ho perso questa capacità? Questo mio desiderio di spingermi oltre  il solito?

Non ne ho idea. Come di tante altre cose, ad un cert punto ho semplicemente perso il filo di me stessa.

Se stessi visitando il labirinto di Cnosso sarei già finita come stuzzicadenti del Minotauro.

Comunque ho deciso di fare qualcosa che la me auttuale non farebbe mai. Passerò Capodanno ad una festa in cui non conosco nessuno. Il che, vista la mia capacità di socializzare che definire awkward è sminuire, può facilmente risolversi in starmene tutto il tempo appollaiata su una sedia all’angolo difendendomi con un bicchiere di vodka.
O che mi accollo alle uniche persone che conosco.

Però potrei anche divertirmi, ecco. E passare una bella serata con persone divertenti che rinuncerei a conoscere soltanto per le mie insicurezze.

Insomma… proviamo.


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