Ok, ok… Dovrei pensare a studiare, non a guardare serie televisive, ma il nome di questa m’aveva ispirato. OZ riporta alla mente della maggior parte delle persone scarpette rosse, streghe, un leone senza coraggio, uno spaventapasseri senza cervello e un uomo di latta senza cuore, ma in questo caso OZ è l’abbreviazione di Oswald State Penitentiary. La serie è di qualche anno fa (è andata in onda dal 1997 al 2003 su HBO) e credo sia precorritrice di un particolare periodo in cui serie tv su prigioni e detenuti sarebbero andati parecchio di moda (Prison Break è del 2005, Orange is the new Black è del 2013..)
La sigla sembra fatta con Movie Maker e fa tanto anni 90, comunque.
La voce narrante è di Augustus Hill (interpretato da Harold Perrinau, che poi ritroveremo qualche anno più tardi in quel capolavoro di… Lost? Stentavo a riconoscerlo!). In ogni puntata ha il compito di introdurre il carcere, i detenuti protagonisti dell’episodio ed esprimere una riflessione sulla vita penitenziaria e sociale.
Il carcere è gestito dal direttore Leo Glynn (Ernie Hudson, che nel 1994 ha recitato nel Corvo); la trama si snoda però nel quinto braccio, sezione a statuto speciale del carcere, chiamato “Paradiso” e diretto da Tim McManus (Terry Kinney). La loro differente visione dell’ambiente carcerario è visibile sin dalle prime battute e li porterà a scontrarsi non poche volte.
Il primo detenuto di cui ci viene raccontata la storia è Tobias Beecher, “detenuto 97B412, condannato il 5 luglio 1997 in guida in stato di ebbrezza e omicidio colposo, pena: quindici anni, in libertà vigilata non prima di quattro”. Sembra il classico agnellino in un branco di lupi: avvocato, abituato a ben altri stili di vita e di certo l’ultima persona che può sperare di sopravvivere in carcere. Finisce presto nelle grinfie di Vernon Schillinger, che si presenta all’inizio come una persona gentile ansiosa di aiutare il nuovo arrivato soltanto per convincerlo a trasferirsi nella sua cella. Capo della fazione degli Ariani, gli marchierà una svastica sulle natiche e ne abuserà sessualmente non appena avrà raggiunto il suo scopo, traumatizzandolo tanto da spingerlo a non mettere piede fuori dal letto per giorni.
Nel frattempo, ulteriori dialoghi ci chiariscono che i pareri contrastanti non sono soltanto tra il direttore e McManus, ma anche tra McManus e gli altri agenti di custodia, che vedono con sfavore il trattamento privilegiato di cui godono i detenuti.
Il discorso tra i buoni serve per introdurre Karim Said, detenuto 97S444, condannato il 6 giugno 1997 per incendio doloso aggravato, pena: diciotto anni, in libertà vigilata non prima di cinque”. Si presenta come un prigioniero politico, schierandosi contro il sistema penitenziario. Diventa ben presto il capo della fazione dei Musulmani come Imam ed inizia un percorso di purificazione dei suoi seguaci, vietando loro gli alcolici, la droga e la violenza. È un pacifista convinto e fiero delle sue origini.
La narrazione si sposta su Dino Ortolani, detenuto 96C382, condannato il 12 dicembre 1996 con l’accusa di omicidio pluriaggravato ed aggressione a mano armata, pena: carcere a vita, in libertà vigilata mai”, a capo della cucina e appartenente ai Siciliani, il gruppo mafioso del carcere.
Vorrei un attimo soffermarmi su Sorella Peter Marie Reimondo, personaggio secondario che in molti momenti ho ADORATO per i suoi commenti e per il modo in cui si prende a cuore le vicende dei detenuti.
Ed ecco Ryan O’Reily, con cui Dino Ortolani ha qualche screzio del passato – O’Reily era uno degli obiettivi da far fuori di Ortolani, ma a quanto pare è riuscito soltanto a ferirlo.
Intanto Ortolani finisce in infermeria, al reparto Malattie Infettive, per aver malmenato nelle docce un personaggio secondario di cui nessuno ricorda il nome Billie Keane, reo di averci provato con lui. A sentire il discorso tra lui e McManus, Ortolani non è nuovo a aggressioni di carattere omofobo, motivo per cui decide di mandarlo a badare ai malati di AIDS. Jefferson Keane, fratello di Billie Keane e capo della fazione degli Zombie, decide quindi di togliere di mezzo Ortolani assecondando i desideri di O’Reily, mentre l’italiano dà una bella ripassata al nazista ariano. A poco a poco inoltre inizia ad aprirsi con un altro detenuto, malato terminale, di cui accontenta il desiderio di morire. Peccato che la direzione del carcere non sia d’accordo con questa sua eutanasia e lo rinchiuda in isolamento, immobilizzato e imbottito di calmanti.
Proprio quando il personaggio iniziava a dare segni di cambiamento e di approfondimento, muore bruciato vivo.