Sparatoria a Jacksonville, Florida, durante un torneo di videogiochi: 4 morti e 11 feriti.

[!] Secondo la programmazione su cui mi sto basando, stasera avrei dovuto far uscire la recensione della puntata 1×02 di Genius. Ho preferito però dire la mia su una questione che mi ha colpito molto come si vede dal titolo e spero di recuperare durante la settimana, se non slittare direttamente a lunedì prossimo. La puntata lho già vista, ovviamente, ma è stata parecchio al di sotto delle mie aspettative e devo cercare di non essere troppo amara.

Ok, passiamo a dire la mia – assolutamente non richiesta – opinione sulla questione in oggetto. Per farla breve: domenica un ragazzo che partecipava ad un torneo online di videogame non ha preso bene l’essere stato sconfitto ed ha aperto il fuoco, uccidendo due persone e poi suicidandosi.

Un paio di premesse doverose.

La prima. Ora, sarò strana io, ma non concepisco perché ci si debba portare una pistola ad un torneo di videogiochi, che dovrebbe essere un evento allegro e felice in cui divertirsi, giocare e, perché no, anche rosicare per una partita persa. Rosicare, non impugnare una pistola ed ammazzare gli altri giocatori. Spero che la legge sul controllo delle armi venga approvata, e presto: sul New York Times è riportata la notizia che già venerdì c’era stata una sparatoria a Jacksonville, con un morto e due feriti, dopo una partita di football tra scuole superiori.

La seconda. Prima di venire aggredita con la bava alla bocca, il problema non sono i videogiochi violenti. Anzi, i videogiochi violenti non sono un problema. Doom 3 era fenomenale, di Quake III Arena conosco ancora qualche mappa a memoria, GTA è un ottimo passatempo (Vice City e San Andreas, per non andare più indietro; il V m’è piaciuto di meno sinceramente) ed un’ottima valvola di sfogo dopo una brutta giornata, a Call of Duty devono giocare tutti almeno una volta nella vita.
Tra l’altro non era neanche un torneo di un qualche sparatutto, era un torneo di Madden NFL, un videogame sul football.

Allora qual è il problema?

Come se fosse facile stabilirlo qui, senza conoscere nulla della vita e della personalità di David Katz, 24 anni, di Baltimora, che domenica ha deciso fosse una buona idea aprire il fuoco su altri ragazzi che giocavano con lui.

Io ho però un’opinione (altrimenti non sarei qui a scrivere, no?). Non starò a parlare di disagio giovanile, problemi psicologici, eccetera: ripeto che non sappiamo quasi nulla dell’autore della sparatoria. C’è però un dato di fatto: se i videogames, violenti o meno, non sono un problema, non è così per tutto quello che c’è intorno. Senza un controllo, o meglio senza uneducazione all’attività videoludica, a mio avviso, si sono fatti parecchi danni.
In linea di massima, la generazione attuale è la prima ad aver avuto genitori giocatori a loro volta. Questo significa che il loro avvicinamento è avvenuto spesso in età infantile e non demonizzato come in passato, e questo è un bene.
Insomma, io che ho qualche annetto di più alle spalle, cercavo di convincere mia madre che giocare ad Age of Empires mi serviva per studiare storia. Insomma, c’erano i babilonesi, gli assiri (al primo), Giovanna d’Arco (al secondo) e così via… Spoiler: non ha mai funzionato.

Però, se da una parte questa evoluzione anche nella mentalità è stata un bene, c’è un contrappasso: la mancanza di una figura di “controllo” – per quanto questa non sia la parola che vorrei usare – che vigili sul tipo di contenuti visualizzati dai giocatori adolescenti e sulle persone con cui loro interagiscono online. Perché è questo il problema: basta farsi una partita ad un qualsiasi videogioco online per scoprire chat piene di insulti di qualsiasi genere, minacce e… persino richieste di soldi sotto forma di riscatti.
[!] Tenete conto di quest’ultima frase, perché ci tornerò sopra presto.

L’atteggiamento generale di fronte a questa notizia è stato “in Italia non potrebbe succedere mai, questo è una cosa tipicamente americana!”.
Ne siamo davvero sicuri?

Allora, la maggior parte delle (poche) persone che leggono questo blog, sa che frequento i forum da tempo immemorabile. No, seriamente, ho iniziato che avevo sì e no tredici o quattordici anni, il che significa che una certa esperienza me la sono fatta.
E negli ultimi tempi ho notato un peggioramento nel livello delle interazioni tra l’utenza media e di come l’utenza media sia, in generale, in grado di discernere ed allontanarsi da ambienti e staff tossici. Mi spiego meglio con un esempio banale.
Molti giochi online permettono la costituzione di gilde, clan, alleanze e associazioni del genere. Sono capitata sul forum di una di queste – per ovvi motivi non dirò né il nome del gioco, né del forum – e sono stata attirata dalla sezione RICHIESTE UNBAN.
Tra le regole, si spiegava che il capo della gilda aveva pieno potere di allontanare un qualsiasi membro per qualsiasi motivo a sua discrezione. Per poter essere riammesso all’interno della gilda, l’utente doveva provvedere a diversi compiti per far vedere agli altri la sua “buona volontà a ravvedersi”: versare su un preciso conto PayPal una somma tra i 50 e i 500 euro, anche questa a discrezione dell’amministratore; fornire nickname e password dellaccount in gioco, in modo che se ne potessero controllare i messaggi; fornire mail e password di Facebook per dimostrare di non avere niente da nascondere agli alleati. Solo dopo aver inviato via messaggio privato questi dati e l’avvenuto pagamento, l’utente poteva chiedere che la sua richiesta di rientrare fosse presa in considerazione (quindi non necessariamente accettata). Ovviamente, era l’amministratore ad avere l’ultima parola; ma non c’era da temere, perché nel caso in cui la richiesta fosse stata respinta, si poteva riprovare dopo quindici giorni.
L’età media dei partecipanti al forum era molto bassa, la maggior parte adolescenti, soprattutto minorenni. In quella sezione c’erano più di 30 discussioni – lascio a voi i calcoli. L’ho trovato terrificante e mi chiedo: siamo sicuri che nessuno di questi utenti, capaci di pagare somme importanti e di cedere i propri dati ad un perfetto sconosciuto, un giorno non faccia lo stesso perché “è stato bannato” o perché “il suo team ha perso”?

C’è anche da dire che il mondo dei forum in questi mesi di lurking mi sta regalando delle perle niente male, anche se la mia fiducia nell’umanità è calata a picco.

Mai sentito parlare di redpillati e bluepillati? Presto parleremo anche di questo – e vi pentirete di non esserne rimasti all’oscuro.


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