Se siete giunti fino a leggere questo post è – principalmente – per tre motivi: a) mi conoscete e siete curiosi di sapere cosa scrivo; b) siete interessati a questa tipologia di operazione; c) dovete operarvi anche voi e avete avuto la malsana idea di cercare su Google in cosa consiste.
Se fate parte del gruppo c, vi mando un abbraccio e scuoto la testa. Anche io ho cercato su Google esperienze altrui e mi sono soltanto messa più ansia di quanto ne avessi all’inizio.
Ma ciancio alle bande (cit).
Prima di iniziare, vi riporto il post precedente in cui esultavo per essere finalmente nella “parte facile” della convalescenza: potete trovarlo qui.
Il post sarà diviso fondamentalmente in due parti: nella prima parlerò della mia esperienza personale nel senso più stretto del termine, quindi non prendetela come oro colato; nella seconda parte di alcune domande che mi sono fatta e che hanno finalmente trovato una risposta.
«Gli occhi sono testimoni più precisi delle orecchie.» (Eraclito)
«Se te mancano 8 gradi, tanto vale tirare a indovinare. » (me stessa)
Ho deciso che mi sarei operata già qualche anno fa, in pratica quando ho fatto il salto da “ci vedo un po’ sfuocato, ma niente di allarmante” a “ho lasciato qui il mio cane guida?“. Ma, come si suol dire, tra il decidere e il fare ci sono di mezzo un sacco di tempo, procrastinazione, paura e scuse. Alla fine qualche problemino fastidioso di vista mi ha convinto ad accelerare le cose – perché sono un po’ così, se non sono costretta le cose non le faccio.
La visita, effettuata gli ultimi giorni di marzo, aveva stabilito che potessi operarmi. Dei cinque che eravamo quella mattina, soltanto in tre siamo risultati idonei – ed ecco qui il primo punto, ragazzi: non tutti possono operarsi. Bisogna rispettare dei parametri particolari, tra cui l’età, la forma della pupilla, lo spessore della cornea, la lacrimazione, etc. Già questo vi fa capire che l’operazione non è proprio una passeggiata, almeno dal punto di vista medico.
Comunque, io sono risultata idonea, quindi daje per me e trotterelliamo felici fino al giorno dell’operazione.
Ed eccoci al 30 aprile, praticamente poco più di due mesi fa. Che poi io avevo scelto come data maggio e questo anticipo m’ha fatto saltare il Concerto del Primo Maggio, quindi quel giorno ero già un pochino contrariata.
Però tutto sommato ero tranquilla. Almeno finché non sono stata chiamata nel reparto, mi hanno fatto mettere il pigiama (con mia madre che continuava a dirmi “Visto? Sapevo che un pigiama nuovo ti serviva nel caso finissi in ospedale!”) e mi hanno infilato quel simpatico grembiulino aperto sul didietro. Credo di essere uscita dalla stanza con lo stesso colore terreo delle mattonelle bianche per terra.
Ehi, apparentemente cercavo di mimetizzarmi.
Ho chiesto un calmante, con l’infermiera che mi ha fatto bere un qualcosa di leggermente amaro e mi ha raccomandato di “non abituarmi” (non c’è pericolo, direi). E ho scoperto che a me i calmanti a quanto pare rimbalzano addosso, perché l’ansietta che sentivo alla bocca dello stomaco mi è piano piano risalita in gola durante l’attesa.
Io ho scelto di operarmi ad entrambi gli occhi nella stessa seduta. Abbiamo iniziato dall’occhio destro: mi sono stesa sul lettino, la testa poggiata nella “ciambella” e la mano stretta in quella di un’infermiera (l’ho già detto che sono una persona molto ansiosa? No?). L’anestesia è locale e ottenuta attraverso dei colliri che vengono applicati nella fase pre-operatoria, quindi è compito del paziente rimanere il più fermo possibile. Per tenere l’occhio aperto viene applicata una molletta, più o meno così:

@Arancia Meccanica, S. Kubrick
Scherzo. (forse.)
Ad ogni modo, come primo passo il chirurgo “gratterà” via l’epitelio, cioè la parte più esterna della cornea, con una sorta di spazzolina. Grazie all’anestesia locale non si avverte dolore, ma il fatto stesso di vedere cosa sta succedendo, in particolare lo sfarfallio delle luci che da definite diventano confuse l’una con l’altra, ed il fastidio di sentire fisicamente la spazzola che passa sulla superficie dell’occhio sono due sensazioni (diverse per tipo e per grado di bleah) che mi danno ancora adesso una vaga sensazione di nausea. Durata della preparazione: un paio di minuti.
A questo punto entra in azione il laser, che modifica la curvatura della cornea. Questa è la parte meno difficile: basta guardare fisso le lucine che si muovono, che da rosse diventano verdi e viceversa. Durata dell’intervento: una decina di secondi.
La terza e ultima parte è la medicazione: la cornea viene ripulita con un’altra spazzolina e un getto d’acqua lava i residui. Ecco, la pressione dell’acqua è stata particolarmente fastidiosa da sopportare e l’istinto a chiudere la palpebra è stato parecchio forte. Alla fine della medicazione viene applicata una lente a contatto chirurgica per proteggere la cornea – perché finché non si riforma l’epitelio, nel giro di qualche giorno, è del tutto scoperta. Verrà rimossa dal chirurgo una settimana più tardi. Durata della medicazione: tre – quattro minuti.
Un paio di minuti per riprendersi e via con l’altro occhio.
L’intervento è in day hospital: finito l’intervento vero e proprio si riesce già a vedere, almeno per i primi minuti perché poi gli occhi iniziano a dare parecchio fastidio. La dottoressa a quel punto ci ha consegnato i fogli con l’elenco dei colliri – parecchi, più volte al giorno – e delle pasticche da prendere – mattina e sera -, ci ha fatto le dovute raccomandazioni e ci ha spedito a casa, con la visita successiva programmata per la mattina dopo. Prima di andar via, chi voleva (io, ad esempio) poteva chiedere una puntura di Toradol, dato che una volta finito l’effetto dell’anestesia gli occhi bruciano e danno fastidio come se si avesse un corpo estraneo.
Personalmente, hanno iniziato a fare davvero male verso le 3 di notte. Alle 7 ero nervosa, con una nottata in bianco alle spalle, non riuscivo neanche a far la colazione necessaria a prendere un Aulin e dovevo rimettermi in macchina per andare al controllo. Non vi mentirò: i primi giorni sono stati brutti.
Parecchio brutti.
Completamente al buio, senza poter vedere la tv, o leggere, o guardare il cellulare. Mangiavo in camera con le luci spente, persino il led delle notifiche del cellulare era come una lama incandescente. Ero arrivata al punto in cui persino ascoltare la musica mi dava sui nervi, e credo tutti sappiano quanto io ami la musica.
Si tende a sottovalutare l’importanza degli occhi, o meglio a darli per scontato. Non è tanto il dolore che ti frega: passati i primi tre – quattro giorni, ci si abitua al fastidio e si ignora per quanto possibile. È la componente psicologica a rappresentare la parte peggiore: sei costretta in casa, ti annoi, non hai nulla da fare e la tua mente viaggia già verso le miriadi di cose in sospeso, da vicino ci vedi sfocato quindi non riesci neppure a concentrarti su nulla..
Lo ammetto: mi sono pentita più volte di essermi operata.
Soprattutto quando, al controllo dopo la prima settimana, la dottoressa si è accorta che all’occhio sinistro avevo un’alterazione infero-temporale dell’epitelio. In sostanza il mio occhio birichino aveva deciso di far crescere l’epitelio su un bordo della lente, quindi quando la dottoressa l’ha tirata via… Beh, vi lascio immaginare. Epitelio raschiato via di nuovo e una settimana in più al buio.
Non è stato facile, ma adesso ci vedo bene. Continuo a mettere il cortisone quattro volte al giorno, la pomata due volte al giorno, e a usare una quantità spropositata di lacrime artificiali, ma forse ne è valsa la pena.
Forse.
A lunedì prossimo con la seconda parte!
Non pensavo fosse così lunga la suonata. Comunque credo che tra un paio di mesi sarai contenta. 😀
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Ma in realtà inizio ad esserne contenta pure ora: nelle foto vengo meglio con gli occhiali da sole! 😛
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😀😎
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Ti adoro. Riesci a farmi sorridere anche nella tua disperazione. 🙂
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In effetti è stata una scena tragicomica, l’infermiera che mi stringe la mano dicendomi di farmi coraggio! 😛
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Ti racconterei della scena splatter vissuta mentre mi infilavano l’ago cannula per la tac… con l’infermiera che urlava ‘ho fatto un casino’ mentre tamponava il braccio che zampillava
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