
Titolo: The Glory
Titolo Originale: 더 글로리
Anno, Paese: 2022, Corea del Sud
Regista: Ahn Gil-ho
Giudizio: 4/5
In questi giorni ho scoperto questa breve serie tv sudcoreana su Netflix. Non sono una gran patita delle produzioni sudcoreani perché trovo che abbiano alcuni tratti di eccessiva drammatizzazione che mi fanno pensare inevitabilmente a Un Posto al Sole, ma è più forte di me: adoro i revenge movie (e i revenge comics, e le storie di vendetta in generale…).
Moon Dong-eun (Song Hye-kyo) è una liceale come tante altre, il cui sogno nel cassetto è di diventare architetto. Viene da una famiglia povera, una situazione tristemente diffusa nella Corea del Sud – un padre che non ha conosciuto, una madre alcolizzata che non vive con lei e che non se ne cura. In pratica è una preda facile, e forse è per questo che viene presa di mira da un gruppo di bulli capitanato dalla bella e ricca Park Yeon-jin (Lim Ji-yeon). Gli abusi iniziano con Moon Dong-eun costretta a fare i turni di pulizia dei suoi bulli, per poi peggiorare fino a vere e proprie violenze fisiche: le scene in cui la bruciano ripetutamente con la piastra, su braccia e gambe, sono davvero difficili da guardare. E nella migliore tradizione di questi film, l’insegnante a cui si rivolge la punisce per aver chiesto aiuto, fino ad arrivare a prenderla a schiaffi. Il gruppo di bulli, quasi tutti di ottima famiglia, agisce in un’atmosfera di invincibilità, dimostrando che sono consapevoli di essere degli intoccabili.
Quando l’infermiera del liceo si accorge dei segni sul corpo della studentessa, la situazione peggiora e Dong-eun decide di lasciare la scuola, scrivendo sul modulo di abbandono i nomi dei suoi aguzzini. Invano: la madre di Yeon-jin rintraccia la madre di Dong-eun, e la convince a ritirarla da scuola adducendo scuse, dietro un lauto pagamento. A quel punto, Dong-eun si ritrova da sola, senza famiglia, senza un tetto sulla testa, senza soldi.
E decide che il suo unico scopo nella vita sarà vendicarsi.
Ed è questo l’argomento principale della serie tv: non gli abusi, non il bullismo, ma l’ossessione. Quella di Dong-eun per i suoi bulli diventa una vera e propria ossessione, brutale e fredda, un odio viscerale che spaventa per la sua intensità. E lo dichiara fin da subito: prima di lasciare la scuola, Dong-eun fa visita ai suoi bulli, in palestra, per l’ultima volta, e dichiara a Yeon-in che lei sarà il suo sogno per tutta la vita.
Diciotto anni più tardi, Dong-eun è fredda, determinata, un automa insensibile a tutto. Ha lavorato, ha preso il diploma, si è laureata per diventare insegnante alle elementari, ed inizia a tessere la sua tela per portare via tutto ai suoi aguzzini:
Park Yeon-jin, metereologa, sposata con un ricco imprenditore e con una figlia che va alle elementari.
Jeon Jae-joon, ricco proprietario di golf club (che ha ereditato), nonché amante di Yeon-jin (e padre di sua figlia).
Choi Hye-jeong, assistente di volo, proveniente da una famiglia meno ricca degli altri due, ossessionata all’idea di sposare un uomo ricco.
Lee Sa-ra, figlia di un pastore di chiesa, artista sregolata che trova la sua ispirazione nelle droghe ma che miracolosamente riesce a mantenere la sua facciata di brava ragazza.
Son Myeong-oh, tuttofare e galoppino di Jae-joon.
Meno importanti ma degni di nota, si vendicherà anche di Kim Jong-moon, il suo insegnante, e di Jung Mi-hee, sua madre.
Ad aiutarla nel suo percorso di vendetta, Kang Hyeon-nam, una domestica che lavorava a casa di Yeon-jin, Ha Do-yeong, il marito di Yeon-jin, e Joo Yeo-jeong, un chirurgo plastico che diventerà l’interesse romantico di Dong-eun.
Mi ha preso molto, come serie, in un periodo in cui trovo qualche difficoltà a seguire più episodi di seguito. Il modo in cui Dong-eun e Yeon-jin si sfidano mi ricorda tanto un duello, una battaglia fatta di colpi e strategie volte a ferire l’altro nei punti più deboli. Un esempio? Dong-eun diventa la maestra della figlia di Yeon-jin, e Yeon-jin prova a farla cacciare da scuola pagando la madre per… comportarsi male, chiamando i genitori degli altri alunni e insultandoli.
Perché il vero centro sono loro due, Dong-eun e Yeon-jin, gli altri sono tutti pedine da muovere a piacimento, vittime e carnefici che servono solo a raggiungere il proprio scopo e poco importa di come verranno feriti, se riusciranno a riprendere la propria vita. La serie è un crescendo, diventando sempre più ricca di colpi ad ogni episodio che passa, e ammetto di aver avuto difficoltà ad interrompere la visione tra un episodio e l’altro.
Per fortuna sono solo 10.
Il voto è di 4 su 5 per un semplice motivo: tutta la backstory di Yeo-jeong l’ho trovata davvero noiosa, le sedute con la psicologa, le visite alla prigione dall’assassino di suo padre… Per quanto tutto strizzi l’occhio ad una possibile seconda stagione concentrata appunto sulla vendetta di Yeo-jeong (alla cui preparazione è dedicata buona parte del decimo episodio), non mi ha convinto – e non mi ha interessato.