La Grande Caccia al Ratto di Hanoi

C’è un evento che ho scoperto in questi giorni e che mi ha incuriosito molto, perché… beh, diciamo che lo scoprirete leggendo. Vi anticipo che si tratta di una faccenda buffa, densa di umorismo nero e simbolo di inefficienza burocratica.
O meglio, di come la scarsità di visione d’insieme renda facile il raggiro.

Facciamo un passo indietro con un po’ di storia.
Siamo agli inizi del ventesimo secolo. Il colonialismo europeo è ai suoi massimi storici, la Francia ha occupato una vasta area in Asia e l’ha rinominata Indocina Francese; per capirci, il suo territorio comprende quelli che ai giorni nostri sono il Vietnam, il Laos e la Cambogia.
La capitale è Saigon fino al 1901, Hanoi dal 1902. Ed è proprio in questa città che si sviluppa la nostra storia.
Credo non ci sia bisogno di sottolineare le condizioni in cui gli abitanti vivono. I francesi prendono Hanoi e la trasformano, demolendo templi per costruire chiese e palazzi; abitazioni tradizionali vengono rase al suolo per edificare il quartiere francese. Il nuovo governatore dell’Indocina, Paul Doumer (che diventerà poi presidente della Repubblica francese, tra le altre cose), ha deciso che Hanoi deve assomigliare a una vera e propria città francese. Deve essere degna di far parte dell’impero francese.
In fondo, la manodopera costa poco, dei diritti dell’uomo chissenefrega. E se per costruire una ferrovia di poco più di 400 km muoiono 12.000 operai, è un prezzo esiguo per le manie di grandezza francesi.

@thattravelblog

Uno dei progetti più importanti della “riqualificazione” di Hanoi è la costruzione del nuovo impianto fognario. Perché, insomma, la popolazione cresce, le esigenze crescono e l’igiene piace a tutti, soprattutto ai nuovi arrivati europei.
E soprattutto ai ratti.
Le fogne infatti rappresentano il loro habitat ideale. Non ci sono predatori, il cibo è abbondante e i ratti riescono a riprodursi fino a 5 volte l’anno, con una media di 7 cuccioli ad ogni nidiata. Non c’è bisogno di fare conti precisi per capire che si tratta di uno svarione di ratti che passeggiano indisturbati, uscendo di tanto in tanto fuori per prendere una boccata d’aria.
Yersinia pestis.
Non so a quanti questo nome dica qualcosa, quindi mi permetto la piccola parentesi alla Alberto Angela: è il batterio responsabile della peste ed i suoi amichetti del cuore sono proprio i ratti. In questi anni (ricordiamo che siamo a cavallo tra il 1800 e il 1900) si è in piena pandemia: la Terza Epidemia di Peste (dopo quella di Giustiniano e quella più famosa della Peste Nera) è scoppiata nel 1855 in Cina e da là si è diffusa a Hong Kong, in Giappone, in India, in Egitto, in Australia, negli USA e nel Regno Unito.
Nel 1894 Alexandre Yersin, un medico svizzero che ad Hong Kong svolge ricerche sull’epidemia, isola il bacillo della peste. Nel 1897, il fisico francese Paul-Louis Simond scopre che a diffondere il bacillo è la pulce dei ratti.
Da là inizia una vera e propria psicosi, che porta ad una feroce “caccia al topo” e alla parte divertente e assurda della nostra storia.

Abbiamo parlato ampiamente delle ristrutturazioni che il governo francese ha messo in atto ad Hanoi, vero? La costruzione del quartiere francese, delle nuove fogne…
Immaginatevi la felicità del governatore quando proprio nel nuovo Quartiere Francese iniziano ad affacciarsi i primi ratti, tra una signora d’alta società ed un incontro tra ambasciatori.

@brett_jordan
Squit squit, motherfuckers.

Una situazione intollerabile, sacrebleu. I disinfestatori fanno il loro dovere, uccidono migliaia di ratti al giorno… ma come abbiamo detto, procreano fin troppo in fretta. Ne uccidi uno e subito ne escono fuori altri tre.  
Allora la soluzione politica è di mettere una taglia sulla testa di ogni topo, che chiunque può riscuotere. Nel 1902 è di un cent, nel 1904 di 4 cent per ogni topo. Ora, non so quanto sia al cambio attuale e al netto dell’inflazione, ma credo fosse un ottimo incremento alle finanze delle famiglie numerose – tu vai al lavoro e schiaffi i figli troppo piccoli per lavorare con te a cacciare i topi.
Certo, portare migliaia di topi morti come prova del proprio lavoro può essere piuttosto fastidioso, per di più non uno spettacolo appropriato alla élite francese – le carcasse vanno smaltite e puzzano. Quindi si decide che per riscuotere il premio basta consegnare la coda.
Un’idea geniale, no?

No.
Ad un certo punto, qualcuno nota una strana coincidenza: iniziano ad aggirarsi per le strade del quartiere molti ratti senza coda. E gli avvistamenti si fanno di giorno in giorno più frequenti.
Insomma, i cacciatori hanno trovato il modo di fregare il sistema: non serve uccidere il ratto per ottenere la sua coda, basta intrappolarlo, tagliargliela e rilasciarlo. In questo modo continuerà a procreare ed i cacciatori potranno intascare altre ricompense.
Peggio ancora: in alcune casupole nella periferia della città, qualcuno ha messo su dei veri e propri allevamenti di ratti. Allevano i ratti, tagliano le code, riscuotono le ricompense e li lasciano a riprodursi in modo da avere ancora più code per ottenere la taglia.
Dei veri e propri schemi di business da cui prendere esempio.

A questo punto il governo corre ai ripari e al grido di “e che siamo scemi, noi?” toglie le taglie (eheh), pensando di risolvere il problema.
In breve, gli allevamenti di ratti non sono più convenienti ed ucciderli non conviene: gli allevatori li rilasciano nel sistema fognario.
La popolazione dei ratti aumenta di migliaia di unità in pochi giorni.

Ratti 1 – Governo francese 0.

Altre informazioni: M. G. Vann, L. Clarke, The Great Hanoi Rat Hunt: Empire, Disease, and Modernity in French Colonial Vietnam


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